“Colui che amo è infermo”: l’eredità di Fratel Stablum

Oggi 16 marzo 2023 in occasione del 73°anniversario della scomparsa di Fratel Emanuele Stablum si celebrerà alle ore 13, presso la chiesa dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata, una messa di commemorazione. La Santa Messa sarà celebrata da Padre Giuseppe Pusceddu, Vicario Generale della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione e Presidente della Fondazione Luigi Maria Monti.

 

La storia dell’Istituto Dermopatico dell’immacolata è legata indissolubilmente alla vita e alle opere di Fratel Emanuele Stablum.

Nato a Terzolas, il 10 giugno 1895, entrò giovanissimo nella congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, nella comunità di Saronno. Conseguiti i voti religiosi, nel 1915 giunse a Roma per frequentare i corsi di filosofia previsti per il sacerdozio.
Qui, durante il primo anno di teologia, fu invitato dal Superiore generale a passare alla facoltà di medicina dell’università di Roma “La Sapienza”. Fu una scelta compiuta più per obbedienza che per convinzione, una scelta però a cui dedicò tutta la sua vita.
Nel 1930, laureatosi in medicina, divenne il primo medico della Congregazione, approdando un anno dopo, nel 1931, al sanatorio dell’IDI.

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Con pazienza e dedizione, Stablum si inserì nel solco già tracciato dal vecchio pioniere dell’Istituto, Padre Sala. L’impegno di Stablum fu quello di revisionare gradualmente le terapie allora in vigore aggiungendo alle sue cure nuove tecniche depurative. I suoi metodi innovativi cambiano prospettiva all’attività dermatologica conferendo all’IDI la caratteristica di ospedale specializzato nella dermatologia.

Coniugando passato e presente, mantenendo lo sguardo fisso sulle innovazioni mediche, divenne in breve tempo un vero e proprio rivoluzionario della dermatologia.

Il suo obiettivo non si limitava però alle terapie ma anche alla formazione continua del personale a lui vicino. Comprese, infatti, che la complessità della disciplina dermatologica necessitasse di un approccio multidisciplinare e lo sviluppo di un metodo scientifico di lavoro in equipe.

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La Seconda Guerra Mondiale

Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale paralizzò l’attività ospedaliera dell’Istituto, ma non le opere caritative. Le porte dell’IDI non restarono infatti chiuse, anzi si spalancano per accogliere ebrei e perseguitati politici, offrendo ai rifugiati camici, grembiuli e persino le tonache dei frati pur di garantire la giusta protezione in caso di ispezioni da parte del regime nazifascista. 

I nomi delle famiglie scampate alla persecuzione nazifascista, grazie all’intervento di Stablum, furono incise in una targa commemorativa apposta, nel 1992, su una delle pareti esterne della Cappella dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata.

Per questa grande opera di carità, il 20 novembre 2011, lo Yad Vashem, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah, ha conferito al Dott. Fratel Emanuele Stablum l’onorificenza di «Giusto fra le Nazioni». 

Il Rabbino Capo di Roma, Elio Toaff, ebbe così ad elogiare l’opera del Dott. Fratel Emanuele Stablum: «Parlare di riconoscenza della Comunità israelitica è troppo poco rispetto all’opera di salvataggio intrapresa dall’Idi che – incurante del grave pericolo che correva aiutando gli Ebrei – ha dimostrato con i fatti la solidarietà e la volontà di opporsi all’ingiustizia e all’oppressione. Per questo, il nome di Emanuele Stablum sarà inciso sul muro d’onore dei Giusti a Yad Vashem.»

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Il dopoguerra, la ripartenza e la centralità della persona nelle cure mediche

Al termine della guerra l’Istituto riprende la sua piena attività. Fratel Emanuele Stablum rilancia il suo impulso innovatore istituendo un reparto di chirurgia plastica per dare un rimedio alle ferite cutanee difficili da lenire.
Negli anni della ricostruzione Stablum conserva vivo il ricordo della guerra e l’importanza di sentirsi fratelli e quindi di aprirsi alle sofferenze degli altri per accoglierli e curarli nel migliore dei modi. Sono anni in cui Stablum focalizza tutte le sue forze sulla centralità delle persone. Fu medico attento e scrupoloso alla cura del paziente, “prendendosi cura” e non solo farsi carico.

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L’azione di Stablum in questi anni, infatti, non fu solo quella di consolidare la ricchezza medica, scientifica e culturale dell’IDI, ma fu oltremodo quella di testimoniare un modo diverso di accogliere le fragilità dei malati. Affermava Stablum: «Richiamare noi stessi e il malato al concetto della fraternità in Cristo è stato ed è tuttora il nostro scopo. Cercare sempre fra le pieghe di un dolore fisico il tormento di un’anima; udire in ogni istante di fronte al malato il richiamo indiretto di Gesù: “Vedi, colui che amo è infermo”; allontanarci dal fratello sofferente – soddisfatti di un dovere compiuto – solo quando le cure premurose, le parole amorevoli di comprensione ce lo hanno reso amico: ecco il programma che ci siamo sforzati di applicare e perfezionare.»

L’Istituto diventa, così, anche luogo di catechesi dove si afferma il moderno concetto di «umanizzazione della medicina». Nel 1945, per arricchire i medici di spirito apostolico, fu cofondatore dell’Associazione Medici Cattolici Italiani (AMCI).

Stablum muore il 16 marzo 1950 a Roma nel luogo a cui aveva dedicato tutta la sua vita, l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata. Fu sepolto nella tomba della Congregazione nel cimitero del Verano.

Il 16 marzo 2000 i suoi resti mortali sono stati traslati, con una solenne cerimonia nella chiesa dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata, ove riposano in attesa che la Chiesa proclami la santità della sua vita.

Il 24 aprile 2021, ricevendo in udienza il cardinal Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, Sua Santità Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui fratel Emanuele Stablum veniva dichiarato Venerabile: «a lode dei moltissimi che nel religioso hanno trovato non solo un grande medico, ma l’amato pastore che si prende cura dei propri figli».

«Padre, ringrazio Dio che mi ha condotto a questo stato e vedo che la mia infermità, le mie sofferenze sono tutte misericordie di Dio verso di me. Vedo che ci volevano, erano necessarie per me. Ora, in questa mia nuova condizione, conosco quali sono i valori e quali i non valori della vita. Tutte le cose che comunemente amiamo: la salute, la scienza, l’arte, il successo, l’onore e la considerazione degli uomini, le gioie e le soddisfazioni dell’esistenza sono non valori. I valori veri sono la sofferenza, l’amore di Dio, la Sua volontà. Se vivrò ancora non voglio far altro che far conoscere Gesù, lavorare per Lui, amare Lui. Tutto quello che ci accade nella vita, la volontà di Dio, le sue disposizioni sono espressioni di amore per noi. Se io mi fossi mai creduto necessario all’Istituto, ecco che Egli mi ha dimostrato che non lo sono. Io mi sforzo tante volte durante il giorno di fare atti di amore perfetto. Io adoro la sua volontà: sia quello che Egli vuole: vivere o morire!».
(Dal testamento spirituale di Fr. Emanuele Stablum)

Ancora oggi il «prendersi cura» e non il semplice “farsi carico” dell’infermo è l’eredità che Stablum ha lasciato a tutti coloro che lavorano nell’Istituto che devono sentirsi chiamati a fare di questo comportamento uno stile inconfondibile di lavoro e metodo.